Collaborazioni – Sergio Endrigo
Ago 17, 2014
Novita'!

Categoria: Collaborazioni

Giuseppe Ungaretti

10Collaborazioni aprile, 17

Non ho mai conosciuto personalmente il grande Ungaretti, ma ho letto molto le sue poesie. Una la recitai nel mio “famoso” concerto del 1970 al Piccolo Teatro di Milano. Scusate se mi permetto di chiamare “famoso” il mio concerto di allora, ma era la prima volta che in quel teatro si esibiva un cantante di musica leggera, almeno così mi pare… “Di quelle case non è rimasto che qualche brandello di muro…”.
Quando ebbi l’idea di dedicare un album a Vinicius De Moraes, Sergio Bardotti lo realizzò magnificamente e lo intitolò La Vita, Amico, È L’Arte Dell’Incontro, da un verso di Vinicius. Perché dedicare un album a Vinicius? Perché è stato forse l‘unico grande poeta riconosciuto dalla critica mondiale, ad essere anche un grande autore di canzoni di grande successo con Tom Jobim, Baden Powell, altri grandi musicisti brasiliani, e infine con Toquinho. Il bello è che proprio per il disco La Vita, Amico, È L’Arte Dell’Incontro, Vinicius e Toquinho si conobberro e insieme ebbero dieci anni di successi. Ungaretti, se non sbaglio, era stato professore di letteratura italiana all’Università di Sao Paulo e aveva già tradotto molte poesie di Vinicius. E così Bardotti lo chiamò per recitarne alcune nel disco. Fu una cosa splendida.
Quando Ungaretti ci lasciò, Leone Piccioni organizzò una trasmissione radiofonica in suo omaggio e si parlò anche del disco. C’erano Leone Piccioni, Enzo Siciliano e altri che non ricordo. A un certo punto telefonò Alberto Sordi che negli ultimi tempi era diventato grande amico di Ungaretti. Ci raccontò che un giorno chiese al poeta: “Maestro, ma a che serve la poesia?” E Ungaretti col suo famoso vocione rispose: “A niente!”.
Vinicius De Moraes aveva anche scritto tante belle canzoncine per bambini e nel disco io ne cantai una che divenne famosa, La Casa. Poi Bardotti fece un altro disco con le canzoni per bambini di Vinicius, L’Arca.
Io ho ancora un pappagallo comprato in Brasile nel ’68, si chiama Paco, è simpaticissimo e un gran caciarone… Quando era viva mia madre parlava molto di più perché lei chiacchierava con lui tutti i giorni.
Ad un certo punto Vinicius ci diede un pezzo di carta sgualcita con su scritto: ”Ma che bello pappagallo tutto verde e l’occhio giallo…”. Ci mettemmo in tre per finire la canzonetta, io, Bardotti e Bacalov e scrivemmo Il Pappagallo.

qualche link su Giuseppe Ungaretti…


www.la-poesia.it/italiani/fine-1900/ungaretti/GU_indice.htm
www.riccati.it/anto_ita/autori/ungagiu.htm

Marisa Sannia

00Collaborazioni aprile, 17

Era 1966. Io avevo allora un contratto con la Fonit-Cetra, casa discografica IRI e poi diventata ERI. Il direttore artistico, Zanoletti, chiamò me e Bacalov per farci ascoltare i vincitori di un concorso fatto dalle RadioRai regionali. E ci chiese se volevamo produrre qualcuno di questi cantanti. Ascoltammo il nastro e c’erano molti bravi cantanti tra cui anche Gianni Pettenati che avrebbe poi avuto un grande successo con Bandiera Gialla. Ma la voce che ci colpì (non ricordo più cosa cantava) fu quella di una ragazza sarda: Marisa Sannia. Era una voce assolutamnte unica e bellissima. Io e Bacalov ci mettemmo al lavoro e inventammo un po’ di canzoni, alcune anche con la collaborazione di Sergio Bardotti. Tutto O Niente, Sono Innamorata Ma Non Tanto, La Mia Terra, Una Cartolina e altre. Accettammo di produrre i suoi dischi senza averla mai vista. Quando la conoscemmo fui colpito dalla sua bellezza. Un viso incantevole e un fisico longilineo. Infatti ci disse che giocava a pallacanestro nella squadra feminile di Cagliari.
Ma con la Fonit-Cetra, per vendere veramente un disco bisognava andare al Disco per l’estate, a Canzonissima o a Sanremo… Verso la fine del 1967 chiedemmo a Marisa se aveva voglia di andare a Sanremo. Lei rispose cha assolutamente non ci voleva andare. E così io andai a Cuba e Bacalov in Argentina. Quando tornammo, ci fu una sorpresa: Marisa sarebbe andata a Sanremo con Una Casa Bianca. Bacalov ed io avremmo dovuto produrre una canzone non scritta da noi (l’autore era infatti Don Backy), ma la cosa non ci dispiacque affatto. Tuttavia un dirigente della Fonti-Cetra (non ricordo il nome) disse che per fare i produttori era necessario scrivere le canzoni per l’artista. Era la Fonit-Cetra… E così chiudemmo il rapporto di lavoro con Marisa ma io e lei diventammo amici. Era il 1968. Io vinsi a Sanremo con Canzone Per Te insieme a Roberto Carlos e Marisa arrivò terza con la Vanoni.
Quando poi Marisa passò alla CGD, nel suo primo LP cantò delle mie canzoni del passato compresa Mani Bucate (che interpretò anche nel 2001 quando il Premio Tenco mi fece un grande omaggio alla carriera; lei cantò insieme a Paoli, Lauzi, Vecchioni, Jannacci, Tosca, Cammariere, Capossela e altri)
Quando ero il suo produttore, dal 1966 al 1967, un settimanale scandalistico pubblicò alcune foto mie e di Marisa dicendo che l’allieva era innamorata del maestro… Ma la settimana dopo “Stop” smentì la storia e tutto finì lì.
Marisa è una donna molto gentile e simpatica. Sono contento che siamo rimasti amici unitamente a suo marito Mauro e a mia fglia Claudia.
Marisa Sannia non è più giovanissima, ma non dimostra affatto la sua età e anche la sua voce non è per nulla cambiata. Bellissima e assolutamente unica.
Da poco è uscito il suo nuovo disco “Nanas E Janas“. Lo consiglio a tutti.
Infiniti auguri!
Ciao Marisa.

Autog_Sergio_Spesso

 

 

qualche link su Marisa Sannia…

www.sannia.it

Gianni Rodari

00Collaborazioni aprile, 17

Telefonai a Gianni Rodari che stimavo molto e lui mi fissò un appuntamento a casa sua.. Gli portai l’LP “L’Arca” per dimostrargli che non era una cosa raffazzonata per bambini ma un disco molto bello con magnifici arrangiamenti di Bacalov. Collaborazioni_RodariGianni Rodari era una persona deliziosa. Ascoltò attentamente tutto il disco e mi diede una ventina di testi da musicare. La musica la inventammo io e Bacalov e quando il disco fu pronto invitai Rodari a sentirlo nello studio dove l’avevamo inciso: Ad ogni finale di un brano, Rodari si alzava e applaudiva. Era un disco veramente bello, ma il suo successo, secondo me, fu dovuto anche ad una nostra inconscia trovata. Perché i bambini dello “Zecchino d’oro” sono bravissimi e simpatici ma secondo me piacciono più ai genitori e ai nonni che ai bambini stessi. Il bambino chiede al papà o alla mamma di cantargli una ninna nanna o di raccontargli una favola…
Fu così che nel disco “Ci Vuole Un Fiore”, l’adulto canta e i bambini rispondono. Si penso che proprio questa fu la grande trovata inconscia.
Ci Vuole Un Fiore ha ventisette anni ed è più conosciuta dell’inno di Mameli… Quasi tutti la conoscono. Anche i bambini di sei anni perché sono le mamme, le nonne e le maestre a insegnargliela.
Il merito però vero e proprio è tutto di Gianni Rodari.
Io penso che per scrivere parole di canzoni per bambini bisogna essere dei poeti… o dei furbastri. O no?

Autog_Sergio_Spesso

 

 

qualche link su Gianni Rodari…
www.giannirodari.it
www.didattica.uli.it/rodari.htm
www.sbagliandosinventa.it/rodari_index.php
www.stroccofillo.it/index.php
www.rodariparcofantasia.it

Poesia Dialettale: Ignazio Buttitta e Biagio Marin

00Collaborazioni aprile, 17

Ho conosciuto Ignazio Buttitta credo alla metà degli anni’60. Stavo facendo una “serata” a Bagheria – dico “serata” e non “concerto” come si dice adesso, per me il concerto è un’altra cosa… – avevo cantato in una grande piazza proprio davanti a una chiesa e alla fine venne Buttitta a salutarmi e a farmi i complimenti. Andammo subito d’accordo e mi invitò a casa sua.
Bevemmo una bella bottiglia di vino rosso siciliano e parlammo di poesia. Mi regalò un suo libro di poesie e facemmo tardi. A un certo punto uscì alla stanza e ritornò con un enorme pacco di fogli. Disse che voleva leggermi dei testi di canzoni inedite che aveva scritto: era almeno un chilo di fogli. Io ero un po’ stanco ma non dissi nulla. Incominciò a leggere e subito ci fu un black out…
E così, senza luce, dovemmo salutarci per forza.
Ma quando tornai a Roma e lessi le sue poesie, mi entusiasmai e proposi alla Fonit Cetra di fare una collana di LP sulla poesia dialettale italiana. Accettarono e con un amico di allora poi perso di vista, Sergio Colomba, andammo a Bagheria e facemmo il primo disco. Ai pochi che lo ascoltarono piacque moltissimo.
E poi facemmo il disco con Biagio Marin, grande poeta di Grado. Io ero stato a Grado tante volte ospite povero di uno zio molto generoso. Si chiamava Aldo Smareglia ed era il primario dell’Ospedale di Grado. Ancora oggi sono in contatto con i suoi figli che mi hanno molto aiutato quando ho avuto l’ischemia a Gorizia nell’agosto 2002.
Il bello è che mio zio abitava in una grande villa proprio sulla diga di Grado. Una grande villa a due piani divisa verticalmente in due con dei bellissimi giardini. Nell’altra metà della villa abitava Biagio Marin… Dopo aver fatto questo secondo disco, mi accorsi che non riuscivo nemmeno a pagarmi le spese di viaggio, nonostante sullo statuto della Fonit Cetra (allora IRI) c’erano forti incentivi alla cultura…
Se ci ripenso oggi, mi dispiace molto, ma allora andò così: lasciai perdere. I dischi li ho conservati e oltre alle belle poesie recitate dagli autori, sono interessanti i loro punti di vista su tanti argomenti. Peccato sia finita così…

 

Collaborazioni_Buttitta_e_SergioA Bagheria, la vigilia del giovedì grasso, Ignazio mi portò a comperare il pesce. C’era un bel sole a mezzogiorno, faceva caldo e i negozi avevano messo la merce in vista. Capretti, capponi, quarti di bue, trippe, pesci ancora vivi e polpi che a toccarli si contraevano, grandi cespi d’insalata e già i pomodori verdi e rosa. La gente lo salutava “buongiorno poeta”, e quando ci fotografarono insieme nella piazza davanti alla chiesa, mi sono stupidamente commosso. Ho ricordato che qualche anno prima avevo cantato proprio in quella piazza e, mentre stavo aspettando in sacrestia, Buttitta mi era venuto incontro e mi aveva abbracciato.
Da quanti anni ci conosciamo? Quindici, sedici più o meno. La prima volta a Mondelllo. Mi regalò La Peddi Nova, e poi tante altre volte ancora. Io seguendo a malincuore il ritmo del tempo e lui immutabile come una vecchia quercia, i piedi ben piantati in terra, il cappello o la coppola in testa e i suoi versi terrestri, sanguigni.
Così mi era venuta l’idea di mettere tutto in un disco, la sua poesia e lui stesso, il poeta uomo. A casa sua, la sera (dopo aver lavorato quattro ore con il registratore, aver mangiato spaghetti con le sarde, una meravigliosa zuppa di pesce e bevuto qualche bottiglione di vino, un vino rosato fatto con l’uva di Ignazio e spremuta con le sue stesse mani), io e Colomba eravamo veramente cotti.
Ma Ignazio era fresco come un ragazzino. “Quanti anni hai, Ignazio?”
“Ventitré, i primi cinquanta non contano più”.
Una bella notte poi, senza sogni.
E il mattino, sono salito per la collina dietro la casa a vedere le galline e i galli di Ignazio, i suoi limoni, gli aranci. Mi sono seduto sull’erba fresca sbucciando mandarini. In faccia c’era Palermo nella foschia, quasi sospesa tra mare e cielo. Uccelli passavano e salutavano. Non, no è un poeta con la testa per aria, Ignazio

dalle note di copertina del disco dedicato a Marin
Subito dopo la guerra, ho passato un’intera estate a Grado. Avevo quattordici anni. C’ero già stato prima ma ricordavo poche cose. Il viaggio in corriera (non si chiamava ancora pullman), la lungaCollaborazioni_Marin strada con la laguna attorno e Grado che si avvicinava come un’isola e isola è sempre stata; le farfalle notturne palpitanti sui vetri della terrazza, mia nonna viennese di cui avevo un sacro terrore, mio zio Aldo, i miei cugini più grandi. E, prima di addormentarmi, il fascio di luce di un faro intermittente sulle persiane, il motore di un peschereccio e la risacca sulla diga.
Ora invece avevo tutto da scoprire, la grande libreria di mio zio, la cuginetta del piano di sotto e soprattutto una libertà che credo oggi nessun ragazzo può conoscere.
Una libertà fatta di aria, acqua, luce, senza rumori, pericoli di traffico ed altro. Ero diventato amico dei pompieri che avevano l’autorimessa a pochi metri dalla casa di mio zio e a volte mi portavano in giro sul loro camion rosso luccicante di ottoni. Ricordo sempre l’odore di nafta e acqua che mi portavo addosso al ritorno.
La mattina, dopo aver fatto la spesa alla nonna ed esser stato sgridato e rimproverato perché avevo sempre dimenticato o sbagliato qualcosa, scappavo in giardino, scalavo un muretto ed ero sulla diga, sulla spiaggia libera piena di conchiglie e in fondo alla diga andavo a pescare i “guati” con le “naridole” e i “peoci”.
Ho ricordato tutto questo solo perché Biagio Marin viveva e vive anche oggi nella stessa casa dove abitava mio zio. E’ una grande casa divisa in due da una rete, oggi forse un muretto, che separa i due giardini. Chissà quante volte avrò visto un distinto signore passeggiare tra le zigne, le dalie, i mazzetti multicolori di verbena e le “vanesse” di radicchio e prezzemolo.
O camminare curvo sull’arenile alla ricerca delle sue amate conchiglie, ali di rondine, capesante, ostriche levigate da sembrare vetro.
E oggi ritrovare nei suoi versi quella atmosfera, quel colore, quella malinconia delle sere gradesi quando tutto si placa il mare, il cielo e la gente, per me è una gioia tanto grande da farmi male.
Già il dialetto gradese sta morendo sostituito dalla lingua “ufficiale”, e la laguna con i suoi banchi, le sua valli, i casoni, comincia a conoscere l’inquinamento industriale e forse tra poco la speculazione edilizia.
Cosa resterà della vecchia Grado se non l’Anzolo del Duomo e i versi di Biagio Marin?

da una lettera di Ignazio a Sergio…
New York 24.4.1973

Sergio carissimo,
sono in una terra senza amore.
Vedo solo cenere. Meglio carcerato in Sicilia che libero qui.
Da dietro le inferiate si può vedere il cielo e il nostro cielo è umano.
Ti abbraccio, tuo Ignazio
[Ignazio Buttitta]

[da “Sergio Endrigo” (Lato Side Editori, 1982)]

qualche link su Ignazio Buttitta…
http://utenti.lycos.it/CSSSSTRINAKRIA/butt.html
http://www.irsap-agrigentum.it/ignazio_buttitta.htm

… e qualcuno su Biagio Marin…
www.biagiomarin.it
www.simonel.com/diario2/marin.html